
Bambini Rom trasformati in ortaggi, arteriosclerotiche ringiovanite a ventenni, viaggi della speranza dentro pacchetti di sigarette e cellulari pensanti. Riusciranno Mirella e Marione, coadiuvati dalla solita folle compagnia, a mettere scompiglio alla fiera della mescolanza genetica e alla presentazione del telefono cellulare più pericoloso di tutti i tempi: il Mortorola 666? Lo scoprirete nella nuova cannabinoide avventura dei protagonisti di Libro Maria.
Attenti alla scimmia...
2001: ODISSEA ALLA FIERA DELLA MESCOLANZA GENETICA
(un estratto)
CAPITOLO UNO - CAPODANNO AL CENTRO
Il 2001 era alle porte. Al centro sociale tutti lo stavamo aspettando rollandone di fogge strane, mentre il valzer di Strauss proiettava le nostre menti – gonfie di principio attivo – nell’immensità spaziale, alla deriva cosmica verso chissà quale piantagione globale. Certo questa era la notte di San Silvestro, ma da qui a poco le porte del quartiere fieristico si sarebbero spalancate per ospitare la Convention Globale delle Biotecnologie Applicate e la presentazione a ristrettissimo accesso dell’ultimo modello Mortorola, il primo cellulare – senza tastiera – a collegamento sinaptico neurale: un telefono a cui non devi chiedere. Mai.
La festa stava decollando, ma Marione non riusciva a godersela come avrebbe voluto: il termine ultimo d’azione era troppo vicino. La fiera delle biotecnologie sarebbe stata inaugurata a metà marzo e la presentazione del nuovo Mortorola solo pochi giorni dopo, per assicurarsi la partecipazione di tutte le personalità presenti al salone della mescolanza genetica. Lui e Mirella – sua compagna e dolce punkettina dai capelli verdi – dovevano fare qualcosa.
L’ecosistema negli ultimi tempi aveva già subito inaspettate mutazioni e non potevamo permettere che la follia umana si spingesse oltre, a mazzuolare, poco metaforicamente, le gengive di madre natura. Certo per ora eravamo stati fortunati: qualche anno prima, in seguito a non si sa quale capovolgimento climatico, i pesci decisero di uscire dall’acqua per dividere con noi il pianeta. Quel giorno, universalmente conosciuto come La Risalita dei Merluzzi, la nostra vita cambiò. In principio questo non fu visto di buon occhio dagli anziani, meno inclini per esperienza ai cambiamenti epocali, ma ciò non ostacolò i nostri nuovi compagni che non solo si integrarono benissimo, ma convertirono persino l’intero genere umano alle verdure. Ora che i più conservatori si erano finalmente abituati a sublimare la mancanza del fritto misto con l’insalata russa, senza tonno ovviamente, erano arrivate le multinazionali rappresentate da uno sciame di ricercatori e scienziati – vegetariani più per obbligo che per ideologia – che volevano modificare geneticamente le barbabietole per conferirle il sapore tipico del lardo di Colonnata. Dovevamo intervenire.
* * *
Il centro sociale sorgeva in un locale un tempo adibito a mensa comunale e divideva il quartiere con una casa di riposo per anziani, un’osteria e, ahimè, con la stazione di polizia presidiata dal commissario Zanini.
Zazà – ovvio soprannome – di solito spendeva le proprie energie cercando di coglierci in fallo. Eravamo il suo passatempo: una distrazione dalla tranquilla routine di un sonnacchioso quartiere di periferia. Distrazione che gli venne meno da quando lo aiutammo a far luce su degli strani omicidi perpetrati ai danni degli ospiti della casa di cura del dottor Novelli. Fu la Vecchia, cioè la signora Spezzano – nonna di Mirella – la nostra punta di diamante. Quest’arteriosclerotica di lungo corso, che amava passare il proprio tempo ricoverata nella casa di cura del dottor Novelli, di cui era segretamente – a parer suo – innamorata, non possedeva l’energia e la determinazione classica dei suoi coetanei sul limite dell’ottantina, ma quelle di un T-800. Agendo sotto copertura all’interno della clinica fu risolutiva per le indagini e, soprattutto grazie a lei, riuscimmo a far luce su una serie di misteriose – sebbene non premature – dipartite. Il commissario Zazà barattò il merito della nostra operazione con un periodo di tregua in cui la paura di uno sgombero coatto si ridusse all’osso, contribuendo al generale clima di distensione che meglio si confaceva al capodanno di una così particolare annata.
* * *
Il veglione era a tema. Il capodanno del 2001, sempre che il mondo non si fosse dissolto, non poteva che essere dedicato a colui che meglio di chiunque altro aveva enfatizzato questa mitica annata – condannandone anche l’abuso tecnologico – con un grande capolavoro cinematografico: Stanley Kubrick.
Per tutta la sera, quindi, il valzer prese il posto della più rumorosa musica punk e io e i miei compagni indossammo elementi particolari riconducibili al capolavoro in questione. Marione, Mirella, Spiccio, Drugo, Berto, FruFru, Danny, Terry, Pippi, Lupo, Drago, Nero, Fumo, Siringa, Sergio, Micro e io avemmo la stessa idea e ci ricoprimmo di ramoscelli di marijuana, a rappresentare i cespugli della serra del film. Spino fu l’unico a presentarsi mascherato da scimpanzé, con in mano un pezzo della statua della libertà. Aveva fatto un po’ di confusione.
La festa decollò senza contrattempi: grandi quantità di principio attivo, dolcetti da sbranare, e pesci stipati in ogni dove a tenere compagnia agli astanti che alternavano le cannette al vino gentilmente fornito – dietro presentazione del
Caravaggio – dal Sandro, il padrone dell’osteria di quartiere: una zona temporaneamente autonoma dove ancora risiedevano burberi vecchietti che, dalla Risalita dei Merluzzi, bevevano solo vino bianco per protesta, memori degli antichi sapori mediterranei che il loro palato non avrebbe più ospitato.
Tutto era perfetto a tre quarti d’ora dal nuovo millennio. Tutto tranne il viso del Marione non proprio rilassato e presente. Su di lui pesavano troppe responsabilità.
Marione non aveva ancora un piano ben preciso, sapeva solo di dover agire. Non tanto per cercar di mandare a monte la Convention della Mescolanza Genetica – era conscio di non poter arrivare a tanto – quanto per scuotere un poco l’opinione pubblica che sembrava non interessarsi affatto al problema. Certo un fagiolino da mezzo chilo avrebbe avvantaggiato non poco le casalinghe nella preparazione del polpettone, ma nessuno conosceva gli effetti degli Organismi Geneticamente Mescolanzati a lungo termine, per questo bisognava intervenire. La dea bendata ci aveva già graziati con la Risalita dei Merluzzi, non conveniva tirare troppo la corda.
Marione e Mirella si erano conosciuti poco dopo la Risalita dei Merluzzi e in breve tempo divennero un punto di riferimento del nostro centro sociale. Proprio per questo non potevano esimersi dall’organizzazione, sia ideale che strategica, delle manifestazioni che avrebbero dovuto svolgersi in protesta all’inaugurazione della Convention Mondiale della Mescolanza Genetica e alla presentazione dell’ultimo modello
Mortorola, il nuovissimo telefonino cellulare a collegamento sinaptico neurale: una pericolosissima icona testimoniante la sottomissione del genere umano alla tecnologia. Se non fermata in tempo, ovviamente.
Marione non aveva le idee chiare, d’altronde nemmeno a scuola aveva mai partecipato attivamente a un corteo, ma sapeva che avrebbe avuto bisogno di una grossa campagna pubblicitaria sotterranea per evitare che Zazà si svegliasse anzitempo dal letargo. Bloccare la Convention non sarebbe stato possibile, l’importante era resistere fino all’arrivo della stampa, quando, tra una randellata e l’altra, avremmo cercato di rilasciare qualche dichiarazione shock per far presa sui
catodici estranei al problema.
«Amore» urlò Mirella, «finiscila di startene rintanato coi naselli, non lo vedi che manca poco a mezzanotte? E poi non dovresti stargli troppo vicino, sai che non reggono l’erba…»
«Pardon» bisbigliò Marione alzandosi, mentre i naselli vagavano a testa in giù visibilmente provati, «è che questa storia delle manifestazioni mi stressa, non so proprio come comportarmi. Non mi piace essere l’unico che s’interessa alla questione.»
«Ma amore, non puoi giudicare la voglia di lottare dei nostri compagni proprio la notte di capodanno, non vedi come sono tutti allegri? La manifestazione è tra più di due mesi, c’è tutto il tempo necessario per organizzare un viaggio spaziale, e noi dobbiamo muoverci sì e no di cinquecento metri…»
«Sì, ma dovremmo essere in tanti, non potremmo mica sederci in mezzo alla strada da soli, non copriremmo nemmeno tutti gli ingressi.»
«Hai ragione, ma non ha senso preoccuparsene adesso. Ti rovineresti il capodanno…» concluse Mirella passandogli un baffo…
«Come mai così sobria?» chiese contemplando i due bracieri simmetrici ai lati del filtro.
«Perché sta per scoccare la mezzanotte e due bracieri is better than one… Non voglio che il nuovo millennio ti trovi in queste condizioni, voglio vederti sorridere.»
«Quando hai ragione, hai ragione… Sono le responsabilità che non mi piacciono. Sai, c’è una cosa che non ti ho mai raccontato e credo sia alla base delle mie paure.»
«Ovvero?»
«Una volta mia madre mi mandò a comprare il pane, ma era pomeriggio e il panificio non aveva più nemmeno un libretto, così andai dal giornalaio e mi comprai l’album delle figurine di Diabolik. Quando fiero tornai a casa mia madre si trasformò nella dea Kali. Fu peggio di una pioggia di meteoriti, vedevo tutte queste braccia muoversi al rallentatore, tipo Matrix nel combattimento finale, e ognuna terminava la sua corsa sulla mia faccia.»
«Povero Mr. Smith, ora capisco. Prendesti una decisione autonoma e scopristi che questa implicava delle reazioni…»
«Già, e le reazioni facevano piuttosto male…»
«Beh, ma adesso sei cresciuto e sai far tesoro dell’esperienza, inoltre non mi hai mai dato l’impressione di essere insicuro…»
«Non lo sono infatti, ma non mi piace decidere per gli altri. Non sono un leader e vorrei che ognuno facesse ciò che vuole. Sono anarchico, mica democristiano!»
«Ci mancherebbe altro, ma una guida è necessaria, senza non ci sarebbe nessuna manifestazione. Sai bene che nessuno si prenderebbe la briga di organizzare nulla ora come ora, e di qui al tredici se ne dimenticherebbero tutti, specialmente adesso che è arrivata un’afrocubana che è una bomba. Spino sta ridendo da due ore, non senti?»
«Ecco cos’era, pensavo che si fosse di nuovo rotto il frigo. Afrocubana hai detto?!»
«Assaggia» lo incitò indicando il baffo.
Marione aspirò avidamente e sentì il cotone penetrargli nel cervello, proprio un attimo prima di mettere a fuoco gli elefanti blu. I muscoli del viso gli si distesero e Mirella, contenta del buon’umore estorto al proprio ragazzo, constatò che sconvolto, quest’ultimo, aveva un’espressione ebete.
Scoccò la mezzanotte e la città esplose in un fragoroso boato di fuochi d’artificio, dita mozzate e bambini urlanti intenti a martellare palloni di Maradona inesplosi sotto lo sguardo acquoso di spumante a buon mercato dei genitori. Almeno questo era quello che Marione pessimisticamente vedeva. La fiera della mescolanza genetica, la presentazione del nuovo Mortorola e altre abominevoli assurdità avevano fatto calare la sua stima del genere umano una tacca sotto quella dei politici. Quindi, anche se Mirella credeva il contrario, Marione non è che si stesse proprio divertendo. Certo era sconvolto, ma più come un capo indiano che dalla cima del monte fuma la pipa studiando l’accampamento nemico che nella notte metterà a ferro e fuoco. Marione si sentiva mezzo guerriero e mezzo rimbambito, ricoperto com’era di ramoscelli di marijuana. Proprio per questo, terminato il baffo, distese per terra un rotolo di tappezzeria e cremò di colpo il proprio travestimento all’interno di un busto raffigurante Berlusconi. Fu la canna più brutta di tutta la sua vita. Poi, per riprendersi dal torpore e non farci pesare il proprio stato d’animo, si bevve mezzo litro di caffè e cantò a squarciagola tutta l’Internazionale che, mischiandosi a Strauss, diede vita a una nuova melodia che non stonava affatto in un centro sociale. Dopodiché svenne.
Erano le dodici e quindici minuti del trentun dicembre 2001.
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Illustrazione di copertina di Alessandro Ripane